Violenza e Mentalizzazione

Convegno Hotel Oriente 11 gennaio 2014

Il mio intervento breve di psicoterapia psicoanalitica, non più di venti minuti, dal titolo "Violenza e Mentalizzazione" affronterà l'argomento dei disturbi gravi di personalità (organizzazione borderline di personalità) che si manifesta con diffusione dell'identità e confusione del Sè fra frammenti idealizzati e persecutori fra io e oggetto della relazione diadica, e della difficoltà che oggi si riscontra nel trattamento di tale disturbo e nel riconoscimento nosografico che gli pertiene. Il modello utilizzato per l’approfondimento e la cura di tali disturbi di personalità sarà la TFP ( Transference-Focused psychotherapy) (la terapia focalizzata sul tranfert) di Otto F. Kernberg e la relativa valutazione  del paziente  secondo la concettualizzazione psicodinamica di kernberg attraverso  la Structured Interwieu of personality Organization  “l’intervista strutturata di organizzazione della personalità “( STIPO).

Mi preme far rilevare nel breve e conciso intervento la difficoltà del riconoscimento diagnostico di tale disturbo e delle particolari capacità che si richiedono al terapeuta orientato psicoanaliticamente o al terapeuta cognitivista (terapia del cognitivismo evolutivo per intenderci Liotti), per sostenere tale modalità di funzionamento mentale, e di come poter, modulando risposte adeguate, affrontare le continue oscillazioni fra i poli oscillanti, idealizzazione e persecuzione dell'esperienza, per pervenire alla integrazione delle esperienze emotive che nel caso dei pazienti borderline si presentano come "agiti" a volte estremamente violenti verso sé e/o verso l’altro e somatizzazioni, in processi di pensabilità attraverso i processi di mentalizzazione dell'esperienza primitiva.

La relazione da me presentata serve solo a dimostrare come il funzionamento della mente dello psicoterapeuta sia volto a chiarire la sua pertinenza e competenza dello psichico o di tutto quello che è definito psi, nel suo differenziarsi dall'organico o per meglio specificare per restare ancorato alla dimensione neurobiologica dalla prospettiva che gli pertiene.

I Disturbi Borderline

Nel Manuale Diagnostico Psicodinamico PDM promosso e realizzato da una task force: American Psychoanalytic Association, International Psychoanalytical Association, American Psychological Association- Division of Psychoanalysis  (39), American Academy of Psychoanalysis e il National Membership Committee on Psychoanalysis in Clinical Social Work pubblicato nell 2006, all’Asse P Pattern e disturbi mentali, nel work group coordinato da Otto kernberg nella premessa alle diagnosi differenziali dei disturbi di personalità in generale, si accenna alla descrizione dei livelli di organizzazione della personalità dal punto di vista storico. In esergo “A partire dalla fine del diciannovesimo secolo, la classificazione psichiatrica ha distinto due tipi generali di disturbo: 1) le nevrosi, termine che può essere riferito a una psicopatologia di maggiore o minore rilievo, in cui l’esame di realtà non è compromesso; 2) le psicosi, che implicano gravi danni all’esame di realtà. Man mano che questa distinzione categoriale prendeva piede, i clinici diventavano sempre più consapevoli del fatto che molte persone possono soffrire non di un sintomo isolato, ma di problematiche che pervadono le loro vite in modo più totalizzante, e iniziavano a differenziare anche tra sintomi nevrotici e carattere nevrotico, o disturbo di personalità. Alcuni notavano che mentre gli individui nevrotici si caratterizzano soprattutto per la sofferenza che provano, quelli con disturbo di personalità tendono a causare sofferenza negli altri. Nel corso del ventesimo secolo i terapeuti, paragonando le loro esperienze con pazienti con disturbi di personalità, iniziarono a descrivere persone che sembravano troppo disturbate per essere definite nevrotiche e tuttavia troppo ancorate alla realtà per ricevere una diagnosi di psicosi. A poco a poco è stato identificato un gruppo di pazienti “borderline”. Il concetto di un disturbo di personalità al limite tra psicosi e nevrosi è stato successivamente sottoposto a ricerche empiriche e ad ulteriori elaborazioni teoriche.” I clinici hanno osservato che, anche se al di fuori della terapia non mostrano tendenze psicotiche, alcuni di questi pazienti possono sviluppare quello che sembra un ”transfert psicotico” intrattabile (cioè fanno esperienza del terapeuta come di una persona onnipotente e buona, o malevola e cattiva, o esattamente simile ad una persona del loro passato, ed è impossibile persuaderli del fatto che questa loro impressione non è del tutto giustificata). Molte ricerche condotte con il Rorschach e altri testi psicologici ha nno identificato tre diversi tipi di pazienti borderline:

Un tipo anaclitico (affettivamente labile, molto dipendente-grosso modo congruente con il disturbo borlerline di personalità del DSM-IV che definisce un unico tipo di organizzazione borderline (la manifestazione più istrionica e cospicua di questo livello di gravità);

Un tipo introiettivo (sovraideativo, caratterizzato da isolamento sociale e ritiro, che riceverebbe probabilmente una diagnosi di disturbo paranoide, schizoide o ossessivo), entrambi con la “stabilità instabile” (Schmideberg, 1959) tipica dell’organizzazione di personalità borderline;

Gli schizofrenici borderline, che hanno una capacità compromessa di percepire i confini fondamentali e sono a rischio di scompensi psicotici.

Va, comunque, valutata la collocazione della personalità di un individuo sulla dimensione della gravità valutando le sotto indicate capacità. I termini psicoanalitici tradizionali per riferirsi a queste capacità le ho messe tra parentesi.

Vedere se stessi e gli altri in modi articolati, stabili e precisi ( identità);

Mantenere relazioni intime, stabili e soddisfacenti (relazioni oggettuali);

Fare esperienza dentro di sé, e percepire negli altri, l’intera gamma degli affetti appropriati ad una certa età (tolleranza degli affetti);

Regolare impulsi e affetti in modi che favoriscono l’adattamento e la soddisfazione, con un ricorso flessibile a difese o strategie di coping (regolazione degli affetti);

Funzionare secondo una sensibilità morale coerente e matura (integrazione del Super-io, dell’Io ideale e dell’ideale dell’Io);

Comprendere, anche se non necessariamente conformarsi a, le nozioni convenzionali di ciò che è realistico (esame di realtà);

Rispondere in modo positivo agli stress e riprendersi da eventi dolorosi senza difficoltà eccessive (forza dell’Io e resilienza).

Al livello più sano di organizzazione della personalità un individuo possiede tutte queste caratteristiche. La capacità di ridere di sé, per esempio, ne implica molte. Al livello nevrotico, la maggior parte di queste capacità è significativamente presente, anche se una o due aree (per esempio, l’ampiezza della gamma degli affetti, la soddisfazione nelle relazioni) possono essere problematiche. Gli individui la cui personalità è organizzata a livello nevrotico in genere riescono a descrivere in modo ragionevolmente articolato come il loro funzionamento sia limitato dal loro assetto psicologico, (per esempio, i tranfert dei pazienti meno disturbati si sviluppano all’interno della capacità di capire che talune reazioni nei confronti del terapeuta sono trasfert. Per questo, possono essere presi in esame dal clinico senza rischiare di infliggere ferite intollerabili all’autostima del paziente.  Le esperienze che fa il paziente del suo terapeuta  sono vissute come se fossero riferite ai parentemi. Il controtransfert è di grado moderato,  vissuto come qualcosa di interessante più che sconvolgente sul piano emotivo come avviene con i pazienti borlerline .

Nei soggetti la cui personalità ricade nell’area borderline, le prime quattro capacità sono seriamente limitate e, specialmente nelle persone con personalità narcisistica e psicopatica (antisociale), anche la quinta  può essere compromessa. Nonostante questi deficit, gli individui di area borderline presentano lacune limitate o assenti al sesto punto, cioè nella capacità di comprendere la nozione convenzionale di realtà. I pazienti con organizzazione borderline più disturbati, però, possono presentare problemi transitori nell’esame di realtà, in particolare quando reagiscono a eventi relativamente disturbanti nel contesto di relazioni molto investite di emozioni, inclusa la psicoterapia.

 

 

Vediamo adesso il livello di organizzazione della personalità distinguendo la gravità del disturbo.

Personalità sane (assenza di disturbi di personalità)

 

La teoria psicoanalitica degli  affetti alla luce delle recenti scoperte neurobiologiche.

I progressi delle neuroscienze sono di grande importanza per la psicoanalisi. La teoria psicoanalitica si basa, dopotutto, sull’assunto secondo cui il funzionamento psicologico è profondamente influenzato dal sistema nervoso centrale e il sistema motivazionale postulato da Freud nella teoria delle due  pulsioni (eros e thanatos) poggia sull’assunto che le pulsioni rappresentano richieste provenienti dal corpo e dirette all’apparato psichico. (Progetto di una psicologia). Il fatto che, come Freud aveva chiaramente intuito, gli affetti e le rappresentazioni siano espressioni cliniche osservabili delle pulsioni, colloca la teoria degli affetti e le neuroscienze cognitive in una posizione centrale per quanto concerne l’intera struttura teorica della psicoanalisi. Per approfondire la relazione tra gli sviluppi contemporanei nella neurobiologia e la teoria motivazionale psicoanalitica delle “due pulsioni di base”è opportuno considerare in breve l’attuale teoria degli affetti in neurobiologia. La teoria psicoanalitica propone che gli affetti costituiscano un sistema motivazionale primario che svolge una funzione di confine tra le strutture neurobiologiche e quelle simboliche, intrapsichiche e che inoltre l’integrazione di disposizioni affettive positive e negative porti rispettivamente alla costituzione della “libido” e dell’”aggressività”quali pulsioni intrapsichiche gerarchicamente sovra determinate. Vengono considerati nell’approccio di Otto Kernberg l’esplorazione della relazione tra l’attivazione affettiva e lo strutturarsi di relazioni oggettuali interiorizzate “i modelli operativi interni”della teoria dell’attaccamento: le memorie affettive che includono (sempre?) una rappresentazione di sé e dell’altro (“oggetto”).

Gli enormi sviluppi negli studi neuropsicologici sugli affetti di Tomkins, Ekman e Krause, da un lato, e, dall’altro, negli studi neurobiologici di Depue e Zard, Damasio, e, in particolare, Panksepp, ci hanno fornito nuovi approcci alla teoria degli affetti che creano una cornice di riferimento per gli studi biologici in congiunzione agi studi sugli specifici trasmettitori e le specifiche strutture cerebrali implicate nell’attivazione e nella regolazione degli affetti. Studi sullo sviluppo dell’espressione degli affetti nei bambini, sul ruolo della sintonizzazione affettiva nell’attaccamento normale e patologico e lo studio della comunicazione affettiva nei mammiferi sono altre aree di ricerca che stanno arricchendo questo campo, e parzialmente percorse anche da ricercatori psicoanalitici (Fonagy e Target 2003). Gli studi vanno dal 1963 al 2003 ma si stanno intensificando.

Allo stesso tempo, è importante tenere a mente che la psicoanalisi stessa si sta evolvendo nel suo approccio alla teoria degli affetti. La relazione tra affetti, pulsioni e relazioni oggettuali emerge fortemente nei lavori di Brierley (1953), Winnicott (1965), Rapaport (1953), Klein (1940), Jacobson (1953), Mahler e coll. (1975), Bion (1967) e Green (1977).

Intervista strutturale Valutazione clinica dell’identità. Ricerca della presenza o assenza della sindrome di diffusione dell’identità.

Alla Cornell University situata a Ithaca, nello stato di New York, hanno elaborato una forma particolare di esame di stato mentale denominata “intervista strutturale”, mirata alla diagnosi differenziale dei disturbi di personalità. Sostanzialmente, questa intervista, che richiede da un’ora a un’ora e mezza di esplorazione, è composta di vari passaggi che indagano il funzionamento del paziente.

Il primo passaggio valuta i seguenti elementi: tutti i sintomi del paziente, fisici, emotivi, interpersonali, oltre ad aspetti generali di malfunzionamento psicosociale; esperienze e manifestazioni affettive inappropriate; comportamento inappropriato; eccessive difficoltà nella valutazione di sé  e degli altri nelle interazioni e nella negoziazione di situazioni psicosociali ordinarie.

Il secondo passaggio dell’intervista esplora la situazione di vita attuale del paziente, incluso il suo adattamento professionale, la vita sentimentale e le esperienze sessuali, la famiglia d’origine le amicizie, gli interessi, la creatività, le attività ricreative e la vita sociale in genere. In breve, si cerca di ottenere un quadro il più completo possibile della situazione della vita attuale del paziente e delle sue interazioni, facendo domande ogniqualvolta un aspetto della situazione attuale del paziente pare oscuro, contraddittorio o problematico.

Un terzo passaggio dell’intervista strutturale consiste nel far valutare al paziente la personalità di due o tre delle persone più importanti nella sua vita e, in seguito, nel valutare la descrizione di sé come individuo unico e differenziato fornita dal paziente. Le domande che incoraggiano la descrizione sono: “Potrebbe ora descrivermi la personalità delle persone più importanti della sua vita attuale, che prima ha menzionato, in modo che io possa farmi un’idea completa do loro?”, ”E ora, potrebbe fornirmi anche una descrizione di se stesso, della sua personalità, di quel che ha di unico o di diverso dagli altri?, in modo che io possa avere un’idea completa di lei?”.

Come quarto passaggio dell’intervista, solo in caso do disturbi significativi nelle manifestazioni comportamentali, affettive, del contenuto del pensiero o degli aspetti formali della comunicazione verbale nel corso dell’intervista, il clinico indaga con tatto rispetto agli aspetti del comportamento, dell’affetto,del contenuto del pensiero o della comunicazione verbale del paziente che sono risultati particolarmente curiosi, strani, inappropriati o fuori dall’ordinario, tanto da richiedere un’attenzione clinica. Il clinico comunica al paziente che un determinato aspetto della sua comunicazione gli è parso enigmatico o strano e si chiede se il paziente riconosca tale stranezza e quale spiegazione possa fornire rispetto al comportamento che stupisce il clinico. Tele delicata confrontazione permetterà al paziente con un buon esame di realtà di prendere coscienza di ciò che ha provocato la particolare reazione del e di fornire una spiegazione che riduca la stranezza o l’aspetto enigmatico del comportamento. Tale risposta, in altre parole, indica un buon esame di realtà. Se, al contrario, questa inchiesta conduce a un aumento della confusione, della disorganizzazione e del comportamento anomalo nell’interazione con il clinico, è presumibile che l’esame di realtà sia compromesso. Il mantenimento dell’esame di realtà è un aspetto essenziale dei disturbi di personalità. (….e per chi opera nel campo della psicologia giuridica questo strumento risulta validissimo nel dover valutare l’esame della personalità di soggetti la cui dissociazione risulta difficile da raggiungere con strumenti ordinari e il cui comportamento dissociato tipo  paranoia violenza e benevolenza si alternano con conseguenze disastrose per il partner).

La perdita dell’esame di realtà indica presumibilmente un disturbo psicotico atipico o un disturbo mentale di natura organico: in questo caso si procederà a un’ulteriore esplorazione del comportamento, dell’affetto o del pensiero secondo i canoni dell’esame dello stato mentale standard.* (DSM-IV-TR American Psychiatric Association 2000).

 Il manuale, secondo gli intendimenti degli autori e dell'APA, dovrebbe essere:

nosografico: i quadri sintomatologici sono descritti a prescindere dal vissuto del singolo, e sono valutati in base a casistiche frequenziali.

ateorico: non si basa su nessun tipo di approccio teorico, né comportamentista, né cognitivista, né psicoanalitico, né gestaltico, ecc.

assiale: raggruppa i disturbi su 5 assi, al fine di semplificare e indicare una diagnosi standardizzata.

su basi statistiche: si rivolge ad esse in quanto il sintomo acquista valore come dato frequenziale; i concetti statistici di media, frequenza, moda, mediana, varianza, correlazione, ecc. giungono ad essere essi stessi il "solco" mediante il quale si valuta la presenza o meno di un disturbo mentale.

I disturbi mentali vengono definiti in base a quadri sintomatologici, e questi ultimi sono raggruppati su basi statistiche.

Si tratta di un manuale che raccoglie attualmente più di 370 disturbi mentali, descrivendoli in base alla prevalenza di determinati sintomi (per lo più quelli osservabili nel comportamento dell'individuo, ma non mancano riferimenti alla struttura dell'io e della personalità). Il problema della malattia mentale non è un problema esclusivamente biologico o organicista come si credeva in passato (a tal proposito si parla di “riduzionismo biologico”), l'approccio attuale è necessariamente un approccio “multidisciplinare”: la malattia mentale è in sé stessa multifattoriale e ciò comporta che si tenga conto di tutti i diversi paradigmi di spiegazione. Il disturbo mentale è il risultato di una “condizione sistemica” in cui rientrano: il patrimonio genetico, la costituzione, le vicende di vita, le esperienze maturate, gli stress, il tipo di ambiente, la qualità delle comunicazioni intra ed extra-familiari, l'individuale diversa plasticità dell'encefalo, i meccanismi psicodinamici, la peculiare modalità di reagire, di opporsi, di difendersi. Dunque, una visione “plurifattoriale integrata” della malattia mentale. Non a caso, il DSM-IV-TR non fa uso di termini quali infermità o malattia, ma ricorre al più generale concetto di “distuIl DSM è uno strumento di diagnosi descrittiva dei disturbi mentali. Il suo approccio è quello di applicare la relativa stabilità dell'analisi descrittiva dei sintomi di patologie mediche all'universo dei disturbi mentali.

La sua struttura segue un sistema multiassiale: divide i disturbi in cinque assi, così ripartiti:

ASSE I: disturbi clinici, caratterizzati dalla proprietà di essere temporanei o comunque non "strutturali" e altre alterazioni che possono essere oggetto di attenzione clinica: lo psichiatra cerca la presenza di disturbi clinici che possono essere riconducibili non solo al cervello e al sistema nervoso, ma anche a qualsiasi condizione clinica significativa che il soggetto può avere (per esempio valuterà se il soggetto è sieropositivo, malato cronico, etc.)

ASSE II: disturbi di personalità e ritardo mentale. Disturbi stabili, strutturali e difficilmente restituibili ad una condizione "pre-morbosa"; generalmente, ma non necessariamente, si accompagnano a un disturbo di Asse I, cui fanno da contesto. Questo asse è divisa in sottoparagrafi corrispondenti ai diversi disturbi di personalità.

ASSE III: condizioni mediche acute e disordini fisici

ASSE IV: condizioni psicosociali e ambientali che contribuiscono al disordine

ASSE V: valutazioni globali del funzionamento

Per fare qualche esempio, il DSM inserisce nell'ASSE I disturbi come schizofrenia ed altre forme di psicosi, e disturbi altrimenti noti come nevrosi, che il manuale ha "abolito" dalla sua nomenclatura. Nell'ASSE II invece sono raccolti disturbi di personalità come quello borderline o quello paranoide. I restanti tre assi possono inquadrare sotto aspetti più ampi il paziente.

Per ciascun disturbo mentale è effettuata una breve descrizione del cosiddetto "funzionamento generale", che allude alle strategie di gestione psichica ed ambientale dell'individuo, a grandi linee, ed un elenco di comportamenti sintomatici o stili di gestione delle emozioni o altri aspetti della vita psichica. Generalmente il DSM richiede un cut-off, un numero minimo di sintomi raccolti per poter effettuare una corretta diagnosi. Ad esempio per il "Disturbo antisociale di personalità" si parla di un «quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri» (APA, 1994) e di «tre (o più)» caratteristiche elencate, fra cui disonestà, incapacità di conformarsi alle norme sociali, irritabilità e aggressività.

Di solito il DSM richiede un periodo minimo di presenza dei sintomi per poter effettuare una diagnosi (si parla di alcuni mesi). Altri criteri di esclusione sono l'età di insorgenza del disturbo (per i disturbi di personalità ad esempio si richiede l'insorgenza nell'adolescenza) ed una diagnosi differenziale rispetto a disturbi che potrebbero essere accomunati dagli stessi sintomi.

*In ogni caso, una franca perdita dell’esame di realtà indica la presenza di un disturbo psicotico attivo o di un disturbo mentale organico e dunque impedisce, sul momento, la possibilità di una diagnosi primaria di disturbo di personalità.

Diversamente, se l’esame di realtà è preservato, l’intervista permetterà la diagnosi del disturbo di personalità, della costellazione di tratti patologici del carattere predominante e della gravità, in termini di presenza o assenza della sindrome di diffusione dell’identità.

L’organizzazione di personalità: il modello di Otto F. Kernberg

Il modello di disturbo di personalità e del suo trattamento costituisce il fondamento della terapia focalizzata sul transfert  (Transference-Focused Psychotherapy TFP, Clarkin 2006).

Premessa:

Per creare una connessione tra la teoria delle relazioni oggettuali e la struttura di personalità, viene ipotizzato che nel corso dello sviluppo infantile si creino molteplici diadi interiorizzate sulla base di esperienze prototipiche. I mattoni di base delle strutture psichiche sono infatti delle unità costituite da una rappresentazione di sé, un affetto connesso a un impulso o rappresentativo di esso, e una rappresentazione dell’altro (l’oggetto dell’impulso). Questa unità di sé, altro, affetto che li unisce prende il nome di diade di relazione oggettuale. Nel corso dello sviluppo la natura dell’esperienza del bambino risulta variabile nei termini di intensità affettiva: si alternano pertanto momenti di quiescenza o bassa intensità affettiva e momento di alta intensità determinati dalla presenza di un bisogno, dal desiderio del piacere o del desiderio di rifuggire il dolore. Nei termini di diadi di relazioni oggettuali, le esperienze gratificanti dell’infante coinvolgono un’immagine ideale di un altro perfettamente  accudente e di un sé soddisfatto, mentre le esperienze frustranti coinvolgono un’immagine totalmente negativa di un altro deprivante, se non addirittura abusante, e un sé bisognoso e impotente. Proprio in virtù della natura di tale sistema, un infante il cui caregiver sia generalmente premuroso e accudente può nondimeno interiorizzare immagini di un oggetto sadico e deprivante a causa di esperienze temporanee di frustrazione o deprivazione. Questo porta alla costituzione di un mondo interno infantile in cui sono presenti diadi di relazioni oggettuali caratterizzate da una polarizzazione positivo-negativo. Nel corso dello sviluppo infantile sono quelle che più concorrono all’interiorizzazione di rappresentazioni oggettuali; le prime diadi interiorizzate, dunque, saranno organizzate sugli assi della soddisfazione dei bisogni e dell’evitamento del dolore. Nelle prime fasi dello sviluppo tali rappresentazioni vengono mantenute scisse ( si vedano a questo proposito, le teorizzazioni della Klein rispetto alla posizione schizo-paranoide e i livelli evolutivi della Mahler, in particolare la fase di separazione individuazione). Rifacendosi al concetto di posizione schizo-paranoide di Melania Klein (1946), Kernberg ipotizza che venga messa in atto una separazione attiva dei segmenti idealizzati e persecutori di esperienze affettive apicali: le rappresentazioni interne completamente buone devono essere separate da quelle completamente cattive, per evitare che l’odio connesso a quelle negative possa distruggere le rappresentazioni positive di sé e dell’altro. Questa separazione è il frutto del meccanismo di difesa della scissione, paradigma dei meccanismi di difesa primitivi e meccanismo centrale nella patologia borderline.

 

La mentalizzazione, la memoria affettiva e l’esame di realtà nei vissuti del controtranfert.

La mentalizzazione implica la comprensione del comportamento di sé e degli altri come dotato di senso, fondato su stati mentali intenzionali e significativi che comprendono desideri personali, bisogni, sentimenti e opinioni di entrambe le parti. Tali stati mentali cambiano costantemente nel corso delle interazioni in risposta alle mutue influenze nella relazione tra sé e l’altro. In altre parole si tratta di un processo di comprensione realistica dei propri processi mentali e delle proprie esperienze affettive e cognitive e di una comprensione altrettanto realistica dei processi corrispondenti dell’altro (“l’oggetto”), che implica una possibilità profonda e realistica di relazioni ogettuali. Il concetto di mentalizzazione include anche aspetti consci espliciti e inconsci impliciti.

Di importanza cruciale per la terapia focalizzata sul trasfert in rapporto agli esiti della mentalizzazione , è da considerare la grave regressione affettiva del paziente borderline e la conseguenza soggettiva dell’esame di realtà. Essa, infatti, mette in atto una relazione oggettuale patologica, “completamente cattiva”, con lo sviluppo di una rappresentazione distorta, spaventosa e infiltrata di aggressività di sé e di una corrispondente rappresentazione dell’oggetto significativo, di cui il sé è vittima, dominata dall’aggressività. Dunque, in condizioni di riattivazione del “Sé alieno,” (Fonagy ipotizza  una rappresentazione di sé dissociata dominata da affetti negativi che “colonizza” il Sé e influenza l’esperienza che il paziente fa di sé e degli altri, particolarmente nei momenti di grave regressione affettiva, attraverso la proiezione nell’oggetto) si verifica un’attivazione  parallela di un “oggetto alieno”. In altre parole, mentre il paziente proietta una di queste rappresentazioni (di sé e dell’oggetto) nel terapeuta, simultaneamente si identifica con la rappresentazione reciproca corrispondente (della vittima o del carnefice del Sé o dell’oggetto). Topicamente, in gravi condizioni di regressione (come quelle dei disturbi gravi della personalità), la rispettiva identificazione con una rappresentazione di sé  o dell’oggetto aggressiva o con un Sé vittimizzato va incontro a rapidi scambi, che vengono messi in atto e proiettati dal paziente nel terapeuta. Attraverso il meccanismo dell’identificazione proiettiva, la corrispondente rappresentazione di sé o dell’oggetto proiettata nel terapeuta può indurre un’identificazione complementare nel controtranfert (la ricettività di ruolo del terapeuta).

Da questo punto di vista, inoltre, diviene più chiaro che durante la normale mentalizzazione non solo si sviluppa una normale “teoria della mente” nel bambino- ovvero , la capacità di costruire una valutazione realistica degli stati mentali intenzionali in sé e negli altri, ma si sviluppa anche la capacità di empatizzare con l’esperienza emotiva degli altri.

Per cui nel modello, come abbiamo visto nella introduzione sui disturbi di personalità, abbiamo al primo livello la descrizione  della personalità normale, al secondo livello dei disturbi di personalità, l’organizzazione di personalità nevrotica ed un terzo livello caratterizzato  da disturbo borderline di organizzazione della personalità che include i disturbi di personalità previsti dalla classificazione DSM-IV-TR (disturbo borderline, schizoide, schizotipico, paranoide, istrionico, narcisistico, antisociale e dipendente), sia altri disturbi di personalità non specificamente menzionati nel DSM-IV-TR (disturbo ipomanico, sadomasochistico, ipocondriaco, e sindrome del narcisismo maligno). (Kernberg e Caligor 2005).

La Structured Interview of Personality Organization (STIPO)

La STIPO è composta da 100 domande, ciascuna delle quali è fornita di una serie di ulteriori specificazioni che possono essere richieste dal clinico laddove la risposta del paziente sia vaga o imprecisa. Anche il sistema di scoring è strutturato e prevede una precisa narrativa per ogni possibilità di punteggio. I 100 item della STIPO indagano sette dimensioni (alcune delle quali hanno al loro interno delle sottodimensioni) relative alla struttura della personalità. Le prime tre dimensioni sono quelle ritenute centrali nel modello di Kernberg, ovvero l’identità, le difese primitive e l’esame di realtà; le restanti sono le relazioni oggettuali, l’aggressività, i valori morali e le modalità di coping/rigidità.

Intervista

Il primo passaggio valuta tutti i sintomi del paziente: fisici, emotivi, interpersonali, oltre ad aspetti generali del malfunzionamento psicosociale; eccessive difficoltà nella valutazione di sé e degli altri nelle interazioni e nella negoziazione dei sintomi principali e delle difficoltà caratteriologiche.

Il secondo passaggio dell’intervista esplora la situazione di vita attuale del paziente, incluso il suo adattamento professionale, la vita sentimentale e le esperienze sessuali, la famiglia di origine le amicizie, gli interessi, la creatività le attività ricreative e la vita sociale in generale.

Un terzo passaggio dell’intervista strutturale consiste nel far valutare al paziente la personalità di due o tre delle persone più importanti nella sua vita e, in seguito, nel valutare la descrizione di sé come individuo unico e differenziato fornito dal paziente. Le domande che incoraggiano la descrizione sono: “Potrebbe ora descrivermi la personalità delle persone più importanti della sua vita attuale, che prima ha menzionato, in modo che io possa farmi un’idea completa di loro?”, “ E ora, potrebbe fornirmi anche una descrizione di se stesso, della sua personalità, di quello che ha di unico e di diverso dagli altri, in modo che io possa avere un’idea completa di lei?”.

Come quarto passaggio dell’intervista, solo in caso di disturbi significativi nelle manifestazioni comportamentali, affettive, del contenuto del pensiero o della comunicazione verbale nel corso dell’intervista, il clinico indaga con tatto rispetto agli aspetti del comportamento del pensiero o della comunicazione verbale del paziente che sono risultati particolarmente curiosi, strani, inappropriati o fuori dall’ordinario, tanto da richiedere un’attenzione clinica. Il clinico comunica al paziente che un determinato aspetto della sua comunicazione gli è parso enigmatico o strano e si chiede se il paziente riconosca tale stranezza e quale spiegazione possa fornire rispetto al comportamento che stupisce il clinico.

Tale delicata confrontazione permetterà al paziente con un buon esame di realtà di prendere coscienza di ciò che ha provocato la particolare reazione del clinico e di fornire una spiegazione che riduca la stranezza o l’aspetto enigmatico del comportamento. Tale risposta, in altro parole, indica un buon esame di realtà.

 

 

Bibbligrafia

 

Otto F. Kenberg, Amore e aggressività, Giovanni fioriti s.r.l., 2013

PDM Manuale Diagnostico Psicodinamico Cortina 2008

 

La versione originale della STIPO è disponibile al download al seguente sito: http://psninstitute.org/pdf/Structured-Intervieu-of-Personality-Organization.pdf

La versione italiana dello strumento è invece disponibile nel volume Madeddu F., Preti E. (a cura di) la diagnosi strutturale di personalità secondo il modello di Kernberg. Cortina, Milano 2012

Una misurazione che misura in modo parallelo gli stessi domini è L’inventory of Personality Organization (IPO); Lenzenweger et al.2001.

Dott Aldo Schiavone  psicoanalista gruppoanalista psicotraumatologo terapeuta europeo EMDR

Studio Corso Vittorio Emanuele 94 Salerno

Tel/fax 089226899 cell. 333932634 Email  aldoschiavone2@virgilio.it http://wwwpsicologopsicoanalista.it