Il contributo di Wilfred Bion alla cultura psicoanalitica.

Il contributo di Wilfred Bion alla cultura psicoanalitica ha inizio con alcuni importanti articoli negli anni 1940 e poi va crescendo; nel 1961 pubblica "Esperienze nei gruppi", il primo fondamentale testo nel quale l'individuo è definito psicologicamente radicato nel gruppo cui appartiene; da tali studi ha origine la psicoanalisi di gruppo per la quale il gruppo è considerato una unità dinamica; un corpo di teorie bioniane, sviluppato anche da altri insigni esponenti della Tavistock di Londra e da studiosi di tutto il mondo.
Talvolta definito un fenomenologo della psiche, nella trilogia “Una Memoria del Futuro”, prendendo spunto da Beckett secondo l'opinione di molti studiosi, descrive magistralmente particolari fenomeni mentali, mostrando come farne esperienza.
Il pensiero di Bion, ritenuto da molti fondamentale nella pratica analitica sia individuale che di gruppo, è un complesso e articolato tributo alla psicoanalisi. Insistendo sul fondamento freudiano, esso ne amplia il campo di applicazione e ne approfondisce il livello di analisi: "Secondo Freud i gruppi si avvicinano ai modelli di comportamento nevrotico, mentre nella mia concezione, si dovrebbero avvicinare a modelli di ordine psicotico." [Bion, Esperienze nei gruppi].
Il complesso del lavoro di Bion può essere considerato come una vasta meta-teoria non soltanto della psicoanalisi, ma di tutta l'epistemologia che comprende i fenomeni della comunicazione e le relazioni tra comportamenti, emozioni e sentimenti umani; un concettualizzare che si avventura - oltre i presupposti freudiani – nella dimensione sensuale ricorrendo coraggiosamente a ogni forma di espressione e comunicazione, compresi i modelli scientifici e matematici, per delineare descrittivamente e narrativamente, l'architettura dei processi psichici che l'Autore distingue nella psicologia individuale, gruppale e sociale.
 
Capisaldi del pensiero bioniano
 
L'individuo
 
L'individuo che cerca la propria identità (non soltanto attraverso la psicoanalisi) è alla ricerca della verità cui sente di poter corrispondere; tutta la sua esistenza è tesa entrare in contatto con la verità ("O"), a conoscerla ("K") e comunicarla ad altri. L'analista dispiegherà la propria sensibilità al fine di entrare in contatto con l'"O" dell'analizzando escludendo durante il proprio lavoro le attività psichiche che possono distrarlo; in particolare la memoria e il desiderio.
La memoria è il pensiero di ciò che è già conosciuto e regolato in sistema; il desiderio è il pensiero che stabilisce il fine e organizza la ricerca; escludendo tali processi l'analista può rendersi più sensibile al processo latente, alla verità che l'analizzando cerca inconsciamente e non riesce a definire. In questo modo, nel gruppo, si promuove l'emergere dell'"idea nuova", talvolta attribuita a una mente eccezionale "mistica" particolarmente in contatto con "O", che richiede una trasformazione del gruppo stesso. Tale trasformazione è resa possibile se il pensiero è accolto ed assimilato dal gruppo in analisi, o nel mondo da un'altra forma composita, come la coppia, la famiglia o la società, che lo promuova legittimandone la pensabilità.
 
Il gruppo
 
Bion definisce il gruppo come sistema composito integrato dalle distinte dinamiche dei componenti che sinergicamente contribuiscono alla costituzione in apparato psichico sovraordinato all'individuale, dal funzionamento tendenzialmente psicotico (a differenza di Freud che l'aveva ritenuto nevrotico). I gruppi con Leader sono gruppi di lavoro, di persone che si mettono insieme per uno scopo comune. Il gruppo di Bion è senza Leader, cioè senza un compito preciso da svolgere, senza uno scopo definito. Il gruppo permette la rappresentazione esterna e la drammatizzazione della “gruppalità” interna di ciascun componente che così può dare espressione a parti della sua personalità in conflitto con i compromessi necessari alle relazioni inter-individuali, di coppia, familiari, gruppali e sociali. In pratica emerge dai gruppi senza Leader lo spaccato profondo della mente e della vita affettiva delle persone stesse. Il conflitto individuo-società, per Bion, è in primo luogo intrapsichico e come tale può essere rivelato e risolto nel lavoro del gruppo.
 
Gli assunti di base
 
Proprio nel gruppo in analisi, Bion individua l'esistenza di una realtà fantasmatica che catalizza la vita emotiva del gruppo stesso, si ripete in modo caratteristico e si estrinseca attraverso tre "assunti di base" (l'assunto di base di accoppiamento, di attacco-fuga e di dipendenza). Processi psicologici osservabili e descrivibili, stereotipi, comportamenti e sentimenti che indicano l'esistenza di materiale inconscio che il gruppo va elaborando nella prospettiva comune, e illusoria, di trasformare in alleati tali elementi in conflitto.
Gli assunti di base sono i meccanismi di difesa del gruppo, tesi a tenere sotto controllo le angosce primitive scatenate dal partecipare al gruppo stesso; dunque sono inconsci e spesso appaiono contrari alle idee razionali dei partecipanti.
Bion indica tali fenomeni come importanti organizzatori della vita di relazione e delle forme sociali:
- l'assunto di base di accoppiamento, che si ritrova nelle formalità esteriori dell'aristocrazia, nel cerimoniale rappresentativo delle istituzioni e nella ricerca del consenso,
- l'assunto di base di attacco-fuga, che organizza le forme e i comportamenti finalizzati ad aggredire e a difendersi, dell'organizzazione armata e dell'esercizio diretto dell'azione da parte di un aggregato di individui,
- l'assunto di base di dipendenza, che riguarda l'attesa che i bisogni siano soddisfatti per un potere esterno al gruppo, attraverso la delega, con la rinuncia all'esercizio di un diritto o per passività verso un ente superiore reale (ad es. lo Stato) o immaginario (ad es. attraverso la Fede).
La combinazione di questi tre fenomeni estremi dà luogo a forme più equilibrate osservabili nella normalità, il prevalere di uno di essi è sintomo di una condizione di disturbo, disadattamento o alienazione e consente all'analista di formulare pensieri sul lavoro che il gruppo va svolgendo restituendone a questo la conoscenza “K” nella forma appropriata dell'interpretazione.
 
Il sogno e la funzione Alfa
 
Bion propone un'estensione delle funzioni fondamentali del sogno definite da S.Freud - tutela del sonno e appagamento del desiderio - e postula una variabile incognita operante sulle esperienze sensoriali ed emotive, capace di generare una funzione α (alfa) ed elementi α disponibili al sogno la cui funzione primaria è quella di costruire una barriera α in grado di mantenere inconscia una parte dell'esperienza e promuovere la differenziazione costante tra conscio ed inconscio.
Ruolo del sogno sarebbe perciò creare costruttivamente sia l'inconscio che la coscienza mediante elaborazioni dell'esperienza per mezzo della funzione α, una funzione relazionale che nasce dal rapporto precoce tra madre e figlio. La madre, attraverso un processo di rêverie, elabora e trasforma le proiezioni del suo bambino, tra le quali angoscia e terrore, e le restituisce moderate dal pensiero e dall'affetto; il piccolo reintroiettando tali esperienze così trasformate ne acquisisce anche la funzione α mentre nel processo anche la madre acquisirà una capacità trasformativa detta α-rêverie.
Disfunzioni e inversioni della funzione α provocano alterazioni e disturbi del pensiero e di conseguenza causano diverse forme di disturbo, disadattamento e alienazione. In questi casi per il fallimento della funzione α le esperienze non elaborate sono presenti nella personalità quali elementi β (beta), aspetti molto primitivi che andranno a configurarsi negli assunti di base come angoscia, terrore e agiti incongrui di attacco-fuga, dipendenza, accoppiamento.
 
Il pensiero senza pensatore
 
Bion, rivolge la sua attenzione ai processi mentali primitivi scendendo in profondità per indagare l'origine stessa del pensiero nell'apparato neurologico e l'esperienza che dà forma all'attività del "pensare".
I pensieri – sostiene - non sono tutti "prodotti" dal pensare: ci sono pensieri riguardanti la "verità", la "cosa in sé", l'assoluto - ciò che indica con "O" – e sono indipendenti dal pensatore. Pensare non è importante per la verità in sé, che ha consistenza propria, ma per il benessere del pensatore; i pensieri pensati contribuiscono allo sviluppo e all'adattività, mentre quelli non-pensati possono essere causa di disturbo, disadattamento e alienazione. Da ciò deriva la necessità per ogni soggetto – individuale, gruppale, sociale - di sviluppare un libero "apparato per pensare i pensieri”.
Pensare è invece assolutamente necessario alla menzogna, che proprio dal pensiero è articolata, continuamente assistita, confermata e mantenuta nella memoria.
Suggestiva ipotesi di un pensiero del quale non è necessario avere piena coscienza e comprensione perché sia efficace, contrapposto al contrario, il pensiero intenzionalmente formulato e accuratamente controllato, che supporta il falso, il mentire e, per tali sviluppi, continua ad avere bisogno di essere pensato. L'intuito e l'istinto da una parte e dall'altra la ragione intellettuale del linguaggio-pensiero spesso più funzionale alla forma che alla sostanza, alla falsificazione che alla verità, sebbene non in senso morale, che nella coniugazione del pensiero pensato e non-pensato si dispiegano le dimensioni del sogno e del mito, non in quanto oggetti di cultura, ma percorsi dell'interpretazione, strumenti della ricerca e del metodo in psicoanalisi. L'analogia tra mito e sogno ha profonde radici nel pensiero psicoanalitico.
 
La griglia
 
Il principale limite della comunicazione in psicoanalisi è il linguaggio, che Bion ritiene inadeguato a comunicare "K", l'esperienza di "O". Per questo l'Autore invita ad abbandonare il linguaggio scientifico per quello poetico, che ritiene più capace di conferire creatività al pensiero e, allo scopo di rendere rigorosa - ciò malgrado - la comunicazione, ideò questo grafico, quale sussidio per l'analista e il ricercatore al fine di discriminare il livello di verità a cui si pongono talune asserzioni, comunicazioni o fenomeni nel lavoro psicoanalitico; l'Autore stesso ammette che la sua funzione è difficilmente comprensibile per chi non pratica la psicoanalisi.
Secondo Donald Meltzer, Bion usò un criterio eccessivamente severo inserendo tutto il sistema deduttivo scientifico, cardine della filosofia occidentale della conoscenza, nella colonna 2 della griglia, la stessa in cui hanno posto le proposizioni di falsità che servono a impedire lo sviluppo e l'accesso alla verità.
Potente strumento di riflessione, sistematizzazione ed esplicazione, la griglia è ancora considerevole fonte di discussione tra i cultori di Bion, molti dei quali trovano che sia un esito del suo lavoro che paradossalmente imbarazza e chiarisce. Bion stesso ha formulato controverse considerazioni sulla griglia; per se ha dichiarato di trovarla utile alla conclusione di una giornata di lavoro per determinare quale “male” si potesse attribuire a elementi analitici presenti durante una seduta.
Per taluni studiosi la griglia funziona come un'impalcatura, altri la considerano una pietra di Rosetta rispetto ai geroglifici dei processi inconsci o un genere di esperanto delle discipline psicoanalitiche. Occorre considerare che numerosi giudizi sulla griglia - talvolta pregiudizialmente sfavorevoli o ostativi - sono stati espressi da studiosi estranei alla psicoanalisi, mentre i fautori ritengono che critiche e commenti coerenti e costruttivi non possano essere formulati che da chi ne abbia approfondito lo studio praticando la psicoanalisi seguendo il metodo bioniano. Bion ha costruito la griglia come un organizzatore di pensieri, mentre cercava, attraverso la matematica, la scienza e la logica convenzionale, un sistema notazionale che soddisfacesse l'indagine scientifica andando oltre le “emozioni selvagge” da cui la psicoanalisi è impastoiata. Sistema scientifico finalizzato a rappresentare le relazioni tra elementi che appaiono inconciliabili sulla base di significati prestabiliti e appassionatamente difesi dalle diverse correnti psicoanalitiche, in linea di principio la griglia ha funzionato da efficace strumento di ricomposizione degli scismi tra le varie scuole psicoanalitiche, principalmente tra quelle che fanno riferimento a Melanie Klein e Anna Freud.
A.S.

Amore Odio Conoscenza  in BION


Solitamente si parla di setting per indicare il realizzarsi di determinate condizioni esterne, necessarie perché il processo analitico possa mettersi in moto e l'interpretazione possa correttamente verificarsi.
Tali condizioni sono rappresentate da un particolare assetto della situazione ambientale dell'analisi che riguarda i rapporti spaziali e temporali ed i ritmi, e cioè, principalmente: le caratteristiche della stanza di analisi, la posizione sdraiata del paziente (sul lettino), la distanza e la posizione rispetto a lui dell'analista, gli orari delle sedute, le modalità di pagamento, la stabilità e uniformità di queste condizioni, la programmazione preventiva dei cambiamenti, la mancanza di rapporti sociali — presenti e passati — tra analista e analizzando la mancanza di contatti al di fuori dello studio di analisi, e, nella situazione dell'analisi, la limitazione dell'analista al solo fornire formulazioni verbali interpretative.
Nel setting é prevista, cioè, la minore presenza possibile delle manifestazioni della realtà dell'analista come persona, e una riduzione dell'"agire" a zero (idealmente) da parte dell'analista, e al minimo possibile per quanto concerne il paziente. Tutte queste condizioni sono finalizzate a favorire l'espressione del mondo fantasmatico e, con essa, il processo analitico e il suo ascolto comprensivo da parte dell'analista, riducendo al massimo le variabili indotte dalla realtà esterna e l'assorbimento, da parte dell'azione, di quei fantasmi di cui, invece, la coscienza tenta la conquista.
E' comunque importante vedere il setting non soltanto in questo suo aspetto esterno percettibile, descrivibile e obiettivizzabile. Lo si deve cogliere anche come manifestazione esterna di un modo di stare insieme di due persone, cioè di un'esperienza emotiva che è peculiare della psicoanalisi: se i rapporti tra gli uomini, come afferma Bion, non possono in definitiva essere costituiti che da tre tipi di legame — legame d'amore, legame d'odio e legame di conoscenza — nella relazione analitica tutto si risolve in un'unica forma di legame: il legame di conoscenza. Le potenti spinte di amore e di odio sono costantemente trasformate dall'analista in una formulazione portatrice di conoscenza. La parola perde le sue abituali funzioni d'azione, nel senso di azione che gratifica, consola, rimprovera o rifiuta: la parola, di questi affetti, può solo trasmettere la conoscenza. Questo è il necessario sottofondo di doloroso isolamento che accomuna analizzando e analista.
Mentre ogni bisogno cerca il suo oggetto di soddisfazione che ne scarichi la tensione, nel setting analitico la scarica diretta del bisogno si imbatte sistematicamente nella frustrazione, per cercare, in una complessa trasformazione in conoscenza (piena, quindi insieme intellettuale ed emozionale), il sollievo della liberazione.

A.S.